La Storia della Cisterna

1611 – 2011:
I 400 ANNI DELLA “CISTERNA MEDICEA” DI CANA

di Lauro Leporini

“(…)Nella piazza del borgo di sopra vi è una bella cisterna [pubblica n.d.r.], vaso assai capace con la sua grata di ferro fabbricata l’anno 1611, non essendovi in detto castello altra acqua ne cisterna di particolari, e quattro fonti pubbliche sono lontane come da basso si dirrà [fonte Vignacci ad “(…)un terzo di miglio(…)” dal paese, fonte dell’Abbeveratoio “(…)lontana un tiro di moschetto(…)”, fonte di Castagneto a (…)un mezzo miglio(…) e la quarta, la più lontana, che probabilmente doveva essere la fonte del Capraio, esistente già nel 1559](…)”. Così ci ragguaglia, in modo esclusivo e chiaro, circa l’anno di costruzione e lo scopo, al riguardo della nostra “cisterna” il senatore Bartolomeo Gherardini facente tappa a Cana nel 1677 durante la visita dei territori della provincia senese, commissionatagli dal granduca Cosimo III dei Medici [1].

L’opera fu eretta sulla piazza del paese di fronte alla chiesa parrocchiale a circa cento metri da essa presso il cosiddetto “borgo di sopra”, cioè sulla parte del paese ad est del castello.

L’onorevole titolo patronale di San Martino Vescovo di Tours, presente nel paese “ab immemorabili”, fu trasferito nell’odierna “parrocchiale” (costruita nel secolo XVI e consacrata alla “Madonna del Rosario”) nei primi anni del secolo XVII da una piccola chiesa all’epoca esistente dentro il castello presso il rione portino, quest’ultima fu poi dedicata al “Corpus Domini” [2].  

La “cisterna”, costruita su base circolare in pietra locale, ha un diametro di 2 metri ed un altezza di due metri e ottanta, è interamente eretta in cotto ed ornata con due cornicioni in peperino, uno alla base e l’altro all’altezza di circa un metro. A questa altezza, sul diametro interno, fu apposta una pregevole e robusta grata protettiva in ferro (tutt’oggi visibile) fornita di sportello originariamente chiudibile a chiave. La struttura a questo punto presenta sette “lati” e due aperture rettangolari, una ad est ed una ad ovest da sempre protette da due grate in ferro chiudibili a chiave presso le quali si poteva prelevare l’acqua. Sotto alle aperture furono apposti due stemmi ornati in peperino sui quali era rappresentato lo stemma del comune di Cana: un cane in posizione semieretta, oggi, purtroppo, usurati dal tempo, dallo struscìo delle gonne delle massaie canesi, nonché dagli usuranti ma innocenti “passaggi” giocosi delle numerose generazioni di monelli canesi. In alto, all’altezza di due metri e ottanta, si incrociano a 90° due archi a tutto sesto in cotto, uno posto in direzione nord-est e l’altro a sud-ovest. Sopra a questi, al centro, su un piccolo basamento in cotto, in origine vi fu murata un’asta in ferro culminante con una bella crocetta con al di sotto una piccola banderuola. La struttura è coronata da sei sfere in peperino ma le testimonianze di alcuni anziani del paese e una foto di fine ‘800 ed un’altra di metà ‘900 testimoniano l’esistenza nel passato di una settima “palla” posta al centro di essa, infilata sull’asta della banderuola e della croce. 

La “cisterna”, così oggi continuiamo a chiamarla noi canesi, fu costruita in seguito al sentito bisogno degli abitanti del paese di avere una scorta d’acqua facilmente raggiungibile onde evitare il più possibile gli estenuanti viaggi presso i fontanili posti anche a più di un chilometro di distanza dal paese.

Il sistema di rifornimento dell’opera si avvaleva della raccolta dell’acqua piovana dai tetti delle case della piazza, del castello e probabilmente da quelli del resto del “borgo di sopra”. L’acqua, che dai tetti scivolava dentro le gronde, andava a finire tramite tubature verticali in una fitta rete di tubature sotterranee in terracotta collegate al capiente serbatoio della “cisterna”. La popolazione poteva così raggiungere comodamente l’acqua con i secchi tramite un sistema di carrucole e funi presso la “cisterna” stessa.

Sono documentati nei secoli XVII, XVIII alcune richieste di finanziamento da parte dei priori e del consiglio della comunità di Cana per poter effettuare lavori di manutenzione presso la “cisterna” stessa e sulle sue tubature sotterranee; non mancano tuttavia, in entrambi i secoli, le richieste di finanziamento per il restauro di alcuni fontanili fuori dal paese e per poterne costruire di nuovi anche in aperta campagna onde far fronte alla ciclica “suscettibilità” annuale dell’acqua piovana presente nel serbatoio della “cisterna”. Nella seconda metà del secolo XIX furono inoltre effettuati alcuni lavori di risistemazione della piazza stessa [3].

Gli anziani del paese tutt’oggi si ricordano della possibilità di fruizione, anche da parte della popolazione rurale dell’acqua della “cisterna” tramite una pompa a mano in ghisa postagli accanto nel 1913 circa, anno  di arrivo

della rete idrica nel paese di Cana, insieme alla messa in funzione delle due fonti pubbliche sottostanti il monumento, tutt’oggi in funzione e di come tutta la popolazione tenesse moltissimo alla funzionalità del pozzo ed in particolare alla pulizia del suo serbatoio. Un volontario del paese periodicamente si calava, tramite un cestello legato alla fune collocata sulla carrucola, nelle “viscere” del pozzo per ripulirne le pareti ed il fondo.

All’origine, all’opera, furono attribuite valenze dal carattere simbolico di tipo urbanistico, architettonico e politico, com’era in uso all’epoca infatti il monumento è coronato da sei sfere, cioè lo stemma della famiglia granducale dei Medici.

La tipologia costruttiva del nostro monumento sembra essere unica in tutta Italia.

La “cisterna”, plurisecolare scenario pubblico di ritrovi ed eventi, religiosi, politici, post-lavorativi, festivi, ludici e d’amore, è oggi per noi canesi il simbolo del nostro paese.

l'evoluzione della cisterna nel tempo

Una raccolta di immagini della piazza e della cisterna dalla fine dell’800 ai giorni nostri

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In questo video potrai osservare un’inedita prospettiva del simbolo del nostro paese.

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Note:

[1]: Archivio di Stato di Siena: manoscritto “Quattro Conservatori” n° 1714, pag. 658 recto e verso.
Sulle fonti canesi: “(….) osservazioni e proposte sopra i bisogni di questa comunità (…)”, pagg. 678 verso e 679 recto .
1 miglio toscano corrispondeva a 1650 metri.
Sulla fonte del Capraio: archivio di Stato di Grosseto, “fondo del Comune di Roccalbegna”, “Cana Memorie” n° 14, nel “libro della lira” alla voce, Piero di Valente, era situata come “contrada” presso gli “usi” da pascolo (secondo la “visita Gherardini“ ve ne era uno solo). Tutt’oggi il versante opposto della collina della quale fa parte, quello che guarda il torrente Trasubbino, viene denominato, “L’usetto” e così riporta la cartina del “catasto leopoldino” presente presso l’arch. Stato di Grosseto.

[2]: “Visite pastorali” degli anni 1596 e 1616 presso l’archivio storico della diocesi di Pitigliano – Sovana – Orbetello in Pitigliano.
Sull’origine della chiesa della Madonna del Rosario: “Visita del Gherardini” (vedere nota 1), alle “concessioni fatte alla comunità dal granduca Cosimo I de Medici nel 1588”, pag. 669 recto.

[3]: Notizie del sec. XVII: “Visita del Gherardini” (vedere nota 1) pagg.
675 verso, 678 verso e 679 recto.
Notizie del sec. XVIII: archivio di Stato di Grosseto, fondo del Comune di Roccalbegna: “Cana 1768” (libro dei consigli della comunità) n° 7/11 pag. 25 verso, fino a 27 recto.
Notizie sec. XIX: A. S. Gr. “fondo Roccalbegna”, miscellanea n° 194 “Stato di Verificazione dei lavori eseguiti alla piazza di Cana dall’accollatario Sig. Avvocato Porzio Porciatti (imprenditore agricolo ed industriale maremmano d’origine canese) per conto della Comunità di Roccalbegna compilato dall’Assistente Comunale” 28 maggio 1867, cc. 2 (insieme alla risistemazione di parte del viale d’ingresso alla piazza ed al suo muro, il quale si evince essere stato parte dell’odierna via Garibaldi, n.d.r.).

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”

CESARE PAVESE